“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse.

E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi.

Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva."

(Da “L’attimo fuggente”)
La psicoterapia
COS’ È LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

Prima di descrivere le peculiarità della psicoterapia cognitivo-comportamentale, è doverosa una piccola premessa: ci sono molti approcci con i quali si può condurre un lavoro psicoterapico, questi si differenziano per le premesse teoriche alla loro base e per le modalità e tecniche che lo psicoterapeuta utilizza per svolgere il suo lavoro.

L’approccio che ho scelto, studiato e che utilizzo nel mio lavoro è, appunto, quello cognitivo-comportamentale e il motivo principale di questa scelta è che questo approccio, forse più di altri, è scientificamente fondato. Cosa vuol dire questo? Che studi scientifici hanno dimostrato la sua efficacia, in modo particolare per alcuni disturbi quali i Disturbi d’Ansia, la Depressione e i Disturbi dell’Alimentazione.

Ma vediamo, in breve, quali sono gli assunti principali della Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale e come funziona. Secondo l’ipotesi di base la sofferenza psicologica dipende da una complessa relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti.Ciò che sta alla base di un disagio emotivo non è tanto ciò che ci accade ma l’interpretazione che ne diamo, in poche parole ciò che pensiamo di quell’evento. L’obiettivo della Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale è proprio individuare, attraverso il colloquio clinico e altri strumenti, questi pensieri che chiamiamo in gergo disfunzionali (proprio perché non ci permettono di stare bene e di ottenere i nostri obiettivi), comprendere l’impatto che questi hanno sul nostro benessere emotivo, su come ci comportiamo e sulle nostre relazioni. Il passo successivo è mettere in discussione tali pensieri e favorire così un cambiamento a livello cognitivo, ma anche comportamentale ed emotivo.

Descritta in questo modo, questo tipo di psicoterapia potrebbe apparire fin troppo semplice e superficiale. In realtà la cosa è più complessa: ciò che pensiamo di noi, degli altri e del mondo si struttura nell’esperienza di una vita; si creano, cioè, dei cosiddetti schemi mentali che non solo guidano la nostra visione del mondo e di noi stessi, ma influenzano anche come ci comportiamo e ci muoviamo nel mondo e nelle relazioni.

Facciamo un piccolo esempio: una performance da dare (per esempio un esame, un concorso, una gara) potrebbe diventare fonte di molta ansia per una persona che valuti il fallimento in tale performance come qualcosa di catastrofico e che metterà a rischio il suo valore personale, questo potrebbe tradursi in sintomi quali attacchi d’ansia, insonnia o altri, comportamenti non produttivi come l’evitamento di tale performance e il deterioramento di alcune relazioni importanti.

Quello che si propone di fare la psicoterapia cognitivo-comportamentale è di scoprire, assieme alla persona interessata, quali sono questi pensieri e schemi alla base della sofferenza che manifesta, i circoli viziosi nei quali facilmente rimane incastrata e metterli in discussione per costruire nuovi, e più adeguati, modelli di pensiero e di comportamento.

Una caratteristica fondamentale di questo approccio psicoterapeutico è l’essere basata sulla collaborazione con la persona: se il terapeuta è l’esperto di come funziona la mente, la persona in terapia è l’esperta di ciò che le accade e solo dall’unione di queste due competenze può scaturire un buon lavoro di psicoterapia; ecco perché alla persona viene chiesta una partecipazione attiva nel suo percorso di cambiamento, che va oltre il tempo dedicato al colloquio.

Altre caratteristiche importanti della Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale sono:

  • Praticità e concretezza: questo tipo di terapia si focalizza sui sintomi del momento presente e lavora per la loro risoluzione attraverso protocolli ben strutturati. Questo non vuol dire che tralasci aspetti importanti quali il mondo emotivo, la storia personale e le relazioni interpersonali della persona in terapia ma che si occupa di questi aspetti inserendoli in un progetto di comprensione e risoluzione delle problematiche presentate.
  • Brevità: è un tipo di terapia famosa per essere “breve”, questo può essere vero per molte situazioni (che si possono risolvere nell’arco di 6 mesi) ma non per tutte. Alcune problematiche più complesse possono richiedere dei tempi più lunghi di terapia, anche con questo approccio.

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LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE DI TERZA ONDATA

Come tanti approcci, anche quello cognitivo-comportamentale nel corso degli anni ha subito un’evoluzione. È per questo che può capitare di sentir parlare di “terapie di terza ondata”.

Si parla di terza ondata per il fatto che questo tipo di terapia è già cambiata nel corso degli anni: da un primo approccio che faceva riferimento soprattutto al comportamentismo, e quindi era volto a modificare soprattutto il comportamento delle persone, si è passati a una fase in cui si è dato molto più spazio allo studio e alla modificazione degli aspetti cognitivi alla base della sofferenza.

Ora stiamo vivendo una terza fase della terapia in cui si è iniziato a dare più spazio agli aspetti di accettazione e non giudizio, oltre che alla promozione del cambiamento. Gli approcci che si inseriscono in questa terza fase si occupano molto meno dei contenuti della nostra esperienza a favore del rapporto che abbiamo con essa; in pratica una buona parte del lavoro terapeutico è volta a costruire un rapporto diverso, di maggiore accettazione, della nostra esperienza interna.

Tutte queste nuove forme di terapia hanno in comune l’aspetto esperienziale (stare in contatto con la propria esperienza) basato soprattutto sull’utilizzo della mindfulness (per un approfondimento vedi la sezione dedicata all’argomento).

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APPROCCI SOMATICI E ORIENTATI AL TRAUMA

In questi ultimi anni ho sentito l’esigenza di approfondire le problematiche legate al trauma e ho fatto alcune formazioni in questo ambito:

  • Trattamento del Trauma Basato sulla Stabilizzazione (T-TRABS), con Janina Fisher
  • Sensorimotor Psychotherapy for the Treatment of Trauma: Affect Dysregulation, Survival Responses, and Trauma Memory, con Esther Perez e Anthony Buckley
  • 1° e 2° livello Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), con Isabel Fernandez

Tutti questi approcci sono particolarmente indicati nel trattamento di disturbi che hanno una base traumatica.

Perché fare particolare attenzione al corpo nel trattare questi disturbi? Perché quando viviamo delle esperienze traumatiche queste vengono “memorizzate” nel corpo (parliamo in questo caso di memorie implicite), che tende a manifestare alcuni sintomi, o un alto livello di reattività, anche tanto tempo dopo l’esperienza traumatica e in assenza di pericolo. In questi casi il solo lavoro cognitivo, basato sulla parola, può non essere sufficiente e risultano veramente di supporto le tecniche che lavorano sulla consapevolezza ed elaborazione dell’esperienza somatica.

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FASI DEL LAVORO TERAPEUTICO

Visto come funziona la terapia cognitivo comportamentale e gli altri approcci che utilizzo, vediamo come avviene il percorso terapeutico in pratica.

Ciò che propongo generalmente è di suddividere il lavoro terapeutico in due fasi, la valutazione e il trattamento vero e proprio.

Una prima fase importante è la conoscenza della persona che richiede una psicoterapia: se, come abbiamo visto, la sofferenza dipende dagli schemi di pensiero, è fondamentale conoscere questi prima di capire come intervenire per il cambiamento.

Per questo motivo, prima di impostare un percorso di terapia, propongo di fare alcuni colloqui di conoscenza. A me, come terapeuta, questi colloqui servono per comprendere come la persona “funziona”, i suoi schemi mentali, i suoi comportamenti, la sua sofferenza. Alla persona stessa questi colloqui sono utili per comprendere come funziona la terapia, come lavoro io e se questa modalità può fare al caso proprio. In questa fase non lavoro sola ma mi avvalgo della collaborazione di colleghi/e specializzati/e in psicodiagnosi e nell’utilizzo di specifici test e interviste strutturate.

Alla fine di questa fase diagnostica faccio un incontro di restituzione di questo lavoro preliminare, formulando anche una proposta di intervento.

Se la persona decide di continuare il percorso terapeutico, iniziamo a lavorare assieme sugli obiettivi e con le modalità concordati. In questa fase di trattamento vengono utilizzate varie tecniche:

  • Cognitive, volte a individuare, discutere e modificare pensieri e schemi disfunzionali
  • Comportamentali, veri e propri esercizi da fare in seduta o tra una seduta e l’altra, volti a individuare e modificare comportamenti e circoli viziosi che mantengono il problema
  • Esperienziali, che favoriscono l’esposizione e l’accettazione della propria esperienza interna
  • Somatiche, che portano l’attenzione a come la sofferenza si manifesta anche attraverso il corpo.
In tutto questo processo la persona in terapia ha un ruolo attivo sia durante la seduta, che tipicamente ha una durata di 50 minuti e una frequenza settimanale, che a casa dove potrà portare avanti il lavoro di cambiamento con esercizi concordati, auto-osservazioni e così via.